Arizona - Utah
19 - 27 mar 1999
 
1° giorno - 19 mar 1999
Olio, raffreddante, benzina, scotch nel tubo del carburatore e viaaa... verso una nuova avventura! 584 ininterrotte miglia passate sui sedili. Il nulla ci ha accompagnato lungo il tragitto, insieme a desolazione e a tre insulse citta', frustrate sapendo di esistere solo in quanto "lungo la strada per...". Col buio alle calcagna, siamo giunti a Williams, ridente cittadina sulla storica Route 66. Stefano non ha tenuto botta: si e' comprato un bel cappellone da cow boy. E bene che gli sta!
 
2° giorno - 20 mar 1999
Svegliatici di buon ora arriviamo al Grand Canyon pompati, pronti per la discesa alle rive del Colorado. Ma... ci dicono che il campeggio sul fondo del canyon e' pieno... pazienza! Prenotiamo per domani sera e trascorriamo la giornata lungo i bordi del canyon: fra macchina, shuttle e piedoni lo vediamo da un po' tutti i versi... che meraviglia! Un branco di muli questa notte scarpinera' giu' per il canyon, trasportando il cibo che noi hikers abbiamo ordinato per domani sera, quando saremo sul fondo. Bravi bravi! Ma che incubo decidersi tra una steak e una stew... soprattutto quando la steak costa 30 dollari e la stew cosa cavolo sia non si sa.

 
3° giorno - 21 mar 1999
11 kilometri, 1500 metri di dislivello, qualche bolla nei piedi, una piangiutina di sconforto... e siamo nel "culo" del Grand Canyon (cosi' lo chiamano: bottom). La temperatura aumentava, aumentava costantemente ad ogni chilometro, cosi' via la prima felpa, via la seconda, via la maglia col collo alto, via la polo, via una delle due magliette (la notte avevamo dormito a -6 gradi).

Proprio bello il tratto di Colorado qui racchiuso, e la tendina sulla sponda di un suo affluente sta proprio bene. Siamo circondati da rosso fuoco (le rocce), blu intenso (il cielo), verde brillante (i pioppi, i cui batocchi a Stefano sono tanto cari!), verde torbido (il Colorado). Stiamo passanod una serata proprio carina: stew (rivelatasi ottimo spezzatino-minestrone); la compagnia di una simpatica strana famigliola (un componente americano, uno inglese, uno italiano, uno australiano-greco! Boh!); vino + carte (accoppiata sempre vincente!); la sicurezza che dormiremo con 18 gradi in piu' della notte scorsa.
 
4° giorno - 22 mar 1999
15 chilometri, 1500 metri di dislivello, bolle ai piedi sempre piu' grosse, grande pianto di disperazione: 8 ore... che sto cercando di dimenticare! Si, si, e' stato bellissimo: abbiamo attraversato luoghi da sogno, fotografato scorci stupendo, guadato fiumiciattoli limpidissimi, incontrato la famigliola di ieri sera, giocato con cerbiatti e scoiattoli... un idillio, insomma, se non fosse che........... tricipite della sura, quadricipite e medio gluteo mi fanno un male cane!! Non prevedo un domani roseo. Comunque ora siamo instrada verso la Monument Valley.
 
5° giorno - 23 mar 1999
Risveglio tragico: non riesco a muovermi senza provocare forti dolori: cammino con le gambe tinche, mi sento piuttosto handicappata. Per fortuna Stefano, che e' un uomo sano e "forte", ha i miei stessi sintomi per cui non mi preoccupo. Siamo due cacche! Come da copione, ci giriamo la Monument Valley con il brutto tempo: e' comunque estremamente affascinante, con i suoi mesa, butte e spiral (rispettivamente panettoni larghi, panettoni stretti e pistoloni).
Siamo anche entrati a visitare una tipica abitazione Navajo: una specie di igloo in terra rossa e legno, con tanto di nonnina che faceva finta di tessere un tappeto e di tanto in tanto macinare il mais tra due sassi.
Concludiamo degnamente la giornata con uno spettacolare tramonto sulla valle sacra, dall'alto della nostra piazzola ventosa. Con gli occhi stanchi andiamo a papparci la "meritata" cena, a base di stew, fry bread e Navajo taco: molto indiano!
 
6° giorno - 24 mar 1999
Risveglio monumentale: alla luce del sole che sorge dietro ai "panettoni", dominiamo la vallata affacciati dalla tendina, con gli occhi ancora "bagattati".
Anche se non e' molto salutare, non resistiamo e facciamo colazione con il pane fritto, preparato li per li dalle scure mani di un'indiana Navajo, in un umile cucinetta affacciata su una strada polverosa. Ci avviamo verso il Lake Powell, attraverso un'interminabile stradina; bella e desolata. Incontramo lungo il tragitto solo degli scuolabus "fantasma", che riaccompagnano due-tre bambini alle loro case nel deserto, che quasi non si vedono dalla strada. Lake Powell: bello, ma troppo esclusivo e senza proposte valide per due pezzenti come noi. Peccato: lo aggiungo alla lista delle cose da fare quando Stefano sara' ricco! Ci incamminiamo allora verso il Brice Canyon, attraverso una strada moolto "scenica": canyon, boschi innevati, paeselli farwest. Troviamo ricovero notturno a Glendale, in un accogliente, molto familiare, bed&breakfast, ma non senza prima spararci una succosa rib-eye steak.
 
7° giorno - 25 mar 1999
Dopo un'ottima e abbondante (ci e' bastata fino alla cena!) colazione, salutiamo la bella cucinona primi '900, il salottone pieno di "antichita'" (vecchie cianfrusaglie), la famigliola e i cavalli sul retro. Attraversato il Red Canyon (rosso davvero: splendido) giungiamo al minuscolo aeroporto del Brice. Qui si compie la prima pazzia della giornata: saliamo su un triciclo giallo con le ali, mettiamo le cuffie para-casino, allacciamo le cinture e John il pilota ci porta a sorvolare il canyon dalle punte rosa.

Stupendo!

Un lieve mal di testa, una leggera sensazione di vomito, ma l'indelebile ricordo di aver volato su un panorama simile.

Cambiamo triciclo, e con la nostra macchina ci rechiamo di view point in view point per vedere dal rim i vari anfiteatri di hoodoos. Rosa e meraviglioso! Decidiamo di provare anche l'ultima prospettiva, quella dal basso, e passiamo il primo pomeriggio, agili e leggiadri, sulla sella di due poveri cavalli. Stefano: talmente tranquillo che sembra a bordo di una mucca.
Io: talmente impedita da costringere il cow-boy a tirare il mio cavallo con la corda, come per la bimba di cinque anni del gruppo precedente. Scorci mozzafiato si susseguono davanti ai nostri occhi. Paura!
Adesso ci troviamo in un paese molto farwest, con l'ennesima steak nella pancia (t-bone da 20 oz!) gustata all'"Ungry Coyote Saloon", ripensando ad una giornata stupenda.
 
8° giorno - 26 mar 1999
Sveglia puntata sulle 5, ma risveglio assicurato alle 8: e' inutile, ci proviamo ogni giorno, ma non riusciamo mai a vedere l'alba. Il panorama di guglie rosa ci ha talmente affascinato che ci rechiamo a fare le ennesime foto ai vari anfiteatri. Bravo Spirito Coyote!

   

Ci spostiamo poi al vicino Zion che si rivela una totale (bella) sorpresa. Il Virgin River ha scanvato un canyon alto e stretto formato da monti grigi a "scacchiera", monti rosa (alla faccia della Dolomia), rocce "piangenti", cascatelle qua e la.
E' talmente stretto da costringerci a faccia in su tutto il tempo. Bello bello, ma molto piccolino, tanto che in un pomeriggio riusciamo a vederlo tutto. Comincia pero' gia' ad inquietarmi: troppi massi sul sentiero caduti di recente.
Ma l'ottima trota gustata per cena e' sufficiente a rassicurarmi e a farmi affezionare un po' a questo posto! Buona notte.
 
9° giorno - 27 mar 1999
Fatti un po' di conti e stabilito che si sta spendendo un po' troppo decidiamo di tornare a casa un giorno prima. La I15 che porta a San Diego e' un vero incubo: tutto deserto e sempre uguale. Ci fermiamo cosi' per sgranchirci le gambe, pranzare e riprendere fiato a Las Vegas. Senza rendercene quasi conto rimaniamo seduti al tavolo del buffet, mangiando continuamente, da mezzogiorno alle due e mezza (accetto l'esistenza di Las Vegas solo per i suoi buffet!). Una lenta digestione ci accompagna cosi' fino a San Diego.
 
  Chiara e Stefano