Austin -> Fort Stockton -> Big Bend -> Guadalupe Mountains -> Alamogordo -> Santa Fe ->
-> Mesa Verde -> Canyon de Chelly -> Winslow -> Yuma -> San Diego

 
 
1° giorno - Domenica
Austin -> Fort Stockton [345 miglia, 555 km]

Partiamo molto più tardi del previsto. Infatti insteccare tutto ciò che prima occupava un intero appartamento (seppur di modestissime dimensioni) nella nostra nuova casina a quattro ruote (la quindicenne Honda Accord) è risultata un'impresa.

  E' stato così impossibile arrivare in serata al Big Bend National Park, come da programma. Subito fuori Austin abbiamo attraversato l'Hill Country per un'oretta. Le rimenenti cinque ore di marcia ci hanno visti padroni incontrastati di deserti, aridume e carestia.

La sera abbiamo collaudato la nuovissima tendina in un "campeggio" di Fort Stockton. L'office era il solito office: una stanzetta piena di gadget insignificanti e di vecchi giornali; una porta aperta dà regolarmente sul salotto di casa, con televisione accesa, casino madornale e cane. Un omino che più texano non si può, con cappello, camica a quadri e pancetta, ci accoglie con un tipico Howdy! Alla richiesta di un accendino per il fornellino ci da DUE fiammiferi in croce dopo esserseli messi in bocca per qualche arcano motivo.

 
2° giorno - Lunedí
Fort Stockton -> Big Bend [255 miglia, 410 km]

Lasciamo l'ultimo baluardo di civiltà dopo la nostra solita, immutabile colazione da campeggio: te, pane e nutella (o forse nutella con pane?).

Ci inoltriamo nuovamente nel piatto deserto alla volta del parco: fortuna che siamo in piena "fioritura" del deserto! (no nonna, non pensare al tuo giardinetto fiorito tutto colorato).

Verso le 11 entriamo nel Big Bend: si chiama così per la grande curva ad U del fiume Rio Grande in questo tratto. Il paesaggio qui è particolare: la strada sale e scende in mezzo a monti fatti di rocce ammucchiate e a butte rosati. Si sente dappertutto uno strano strapanio: io sono convinta che stiano tagliando un monte; Stefano teme che sia il motore della macchina. In realtà abbiamo poi scoperto degli insettoni di tre centimetri che sbattevano semplicemente le ali.

La prima tappa è al Chisos Basin, la montagna del parco. Qui ci incamminiamo nell'"impervio" Window View trail (loop di mezzo miglio, asfaltato e wheelchair accessible!), strategicamente armati di pasta, sughetto e fornellino.
Andiamo poi sul Rio Grande, che segna il confine con il Messico. Al di là del fiume la Sierra Ponce, un vero e proprio muro, assicura gli USA dall'ingresso dei messicani clandestini. Si potrebbe passeggiare fino al canion Santa Elena, ma è un caldo pazzesco e ce ne guardiamo bene.
Piantiamo la tendina in un bel campeggio alberato vicino al fiume, dopodichè prendiamo la barchetta per entrare in Messico: è un guado di dieci metri, si potrebbe fare a piedi, ma perché non far lavorare il Caronte messicano!?

Il villaggio di Santa Elena è un altro mondo: una strada polverosissima, una piccola scuola-museo, tante casette in terrasecca, bambini che ci inseguono per venderci nonsochè. Gli abitanti vivono grazie agli americani che vengono qui a vedere quanto sono poveri oltre il confine, e a mangiare nei vari ristorantini casalinghi. Anche noi contribuiamo cenando in un posticino semplice ed accogliente.

Riprendiamo la barchetta e torniamo al campeggio. Qui ci accoglie una tempesta di vento BOLLENTE, che alza ulteriormente la temperatura torrida, tanto da non farci quasi dormire la notte.
 
3° giorno - Martedí
Big Bend -> Guadalupe Mountains [465 miglia, 748 km]

Oggi è stata una giornata lunghissima e "piattissima" (nel senso paesaggistico del termine). La nostra meta era El Paso, distante 350 miglia. Per raggiungerla abbiamo fatto un'unica sosta ad Alpine, per connetterci ad internet.

La strada per El Paso è infinita e drittissima. Cerchiamo disperatamente un diversivo: una curva sarebbe stata perfetta, ma ci siamo dovuti accontentare di tanti tornadini che per poco non ci spazzano via. Siamo contenti lo stesso perché non ne avevamo mai visti, e sono proprio come quelli dei cartoni animati!!

El Paso si rivela una bella sorpresa (forse perché non avevamo troppe aspettative!). Coloratissima in quanto praticamente messicana, con un bel campus universitario, le missioni sparpagliate nelle polverose periferie e i murales dei quartieri più poveri. Abbiamo anche visitato la più grande rivendita del mondo di Harley Davidson (omaggio a Paolino) !

Il campeggio prescelto per la notte dista altre 105 miglia: nel Guadalupe Mountain National Park. Decidiamo brillantemente di affrontare questa ultima tappa col buio, sotto la pioggia e i fulmini. Ma cosa vuoi... che vacanza sarebbe senza un po' di avventura? Fortunatamente la tempesta si placa proprio quando arriviamo a Pinesprings e così riusciamo a piantare la nostra tendina e porre fine a questa lunga giornata.

 
4° giorno - Mercoledí
Guadalupe Mountains -> Alamogordo [315 miglia, 507 km]

Oggi finalmente abbiamo lasciato il Texas!

Al risveglio scopriamo di aver dormito proprio in un bel posticino. Un'occhiata fugace al paesaggio che ci circonda (Stefano continua a sperare di vedere un puma o una lince) e ci catapultiamo alle Carlsbad Caverns.
Un'organizzazione paurosa, con tanto di ascensore, bar e negozio di souvenir a 700 piedi sotto terra! Abbiamo vagato nel freschino delle caverne per un'oretta e mezzo (abbastanza per causare un bel mal di pancia a Stefano... ma fermiamoci qui!). Proprio belle.

Ci dirigiamo a Roswell, insulsa cittadina famosa per lo schianto di un ufo in un ranch lì vicino nel 1947 (mah!?). Oggi ovviamente pullula di bar, negozi e musei in tema. Noi abbiamo visitato l'International UFO Museum and Research Center (!) e preso una bibita al Crash Down Cafe (!!).

Volevamo infine raggiungere le Wild Sands National Monument, ma ci siamo nuovamente trovati nel mezzo di una tempesta, questa volta di sabbia. Pazzesca! Così niente dune bianche, niente campeggio e per una notte appendiamo al chiodo il nostro spirito d'avventura: squallido motel di Alamogordo. Ma non senza prima aver visitato il Billy The Kid Museum !

 
5° giorno - Giovedì
Alamogordo -> Santa Fe [400 miglia, 644 km]
Questa mattina abbiamo visitato le White Sands National Monument: dune di sabbia e sale, bianchissime e immense. Ci siamo divertiti un sacco a rugolarci e a saltare da quelle più ripide...che bambinoni! Il bianco cocente delle dune ha per fortuna omogeneizzato un po' le ridicole abbronzature da camionisti che ci eravamo presi: Stefano con spalla e braccio sinistro color aragosta e spallina della canottiera bianco panna. Io stessa cosa, ma lato destro.

Lungo la strada per Albuquerque ci imbattiamo in Truth or Consequences. Non ci credete che una città si possa chiamare così? Ebbene sì.

Abbiamo poi visitato la Old Town di Albuquerque che è molto carina. La scenic route per Santa Fe attraversa un paesaggio molto bello, di bassa montagna. Forse la parte più bella consiste però nei paesi che si attraversano: tre vecchie città miniere, ghost town ora risuscitate da colonie di "artisti" che ne hanno fatto i loro ghetti.

Santa Fe si è rivelata una cittadina molto carina. C'è addirittura un centro passeggiabile con tanto di vetrine, ristoranti e una piazza con chiesetta! Abbiamo cenato in una "tipica trattoria" americana (menù sempre uguale a se stesso) e fatto un giro per le viuzze del centro.

E adesso eccoci qua! Siamo in un campeggio in una foresta sopra Santa Fe. Stefano sta montando la tenda in un buio pesto: infatti sono già le 11!

 
6° giorno - Venerdì
Santa Fe -> Mesa Verde [375 miglia, 603 km]

Anche oggi ce ne andiamo senza pagare il campeggio, con la scusa che siamo arrivati col buio. Abbiamo dormito nel mezzo di un bosco di alta montagna, con abeti altissimi e freddo notevole.

La giornata di oggi trascorre all'insegna delle strade panoramiche, attraverso boschi, paesotti carini e scorci di alta montagna. La tappa principale è Taos, antico pueblo a nord-est di Santa Fe.

Un meraviglioso borghetto di case fatte di sassi e terra rossa incastonato in mezzo ad una vallata verde, con tanto di chiesetta e fiumiciattolo che scorre in mezzo al prato.

E' bastato poco però per rompere l'idillio: 10 dollari a testa per entrare... e pagano anche le macchine fotografiche! Inutile dire che non è servito fare gli italiani finti tonti che cercano di mischiarsi tra la folla e sgattaiolare via dalla cassa... beccati subito. Va bhe, smolliamo il budget di due interi giorni (benzina esclusa) e con le faccione tristi ce ne andiamo a zonzo per il pueblo.

Facciamo più foto che possiamo e ritorniamo in groppa al nostro cavallo Honda. Ci è scappato detto alla tipa del parcheggio che per sera vogliamo essere a Mesa Verde e ci ha fatto una grassa risata in faccia. Ma noi non ci perdiamo d'animo e torniamo in strada.

Un paesaggio stupendo ci accompagna per una svagonata di miglia, ci diamo il cambio al volante, attraversiamo vallate, passiamo in Colorado, saliamo montagne in mezzo alla neve (!!) e alla fine... Mesa Verde! Alla faccia della parcheggiatrice c'è ancora la luce nel cielo: ci facciamo una doccia, montiamo la tenda e... buona notte!

 
7° giorno - Sabato
Mesa Verde -> Canyon de Chelly [213 miglia, 343 km]
E' possibile che in un immenso campeggio di 350 piazzole, l'unica all'ombra la mattina presto (a 8000 piedi) sia la nostra? Sì, è possibile. Quindi facciamo colazione battendo i denti, carichiamo armi e bagagli e ce ne andiamo alla scoperta della Mesa Verde: una mesa altissima tagliata da spettacolari canyon rossi, ricoperta da una verdissima vegetazione. Purtroppo l'estate scorsa c'è stato un grosso incendio, però la zona è comunque molto bella.
Per prima cosa visitiamo il Cliff Palace, cioé l'angolo più famoso di tutto il parco: una piccola città di pietre e argilla costruita nello spacco di un dirupo. Una specie di Sassi di Matera, ma costruita dagli Anasazi, un popolo dell'età della pietra.
Peccato che qui l'età della pietra sia nel 1250: quando da noi se ne andavano in giro con gli aratri per i feudi, ben vestiti, con tanto di monete d'oro, qua ancora sbattevano i sassi uno contro l'altro. Senza ruota! TUTTI NUDI! ...l'abbiamo sempre detto che gli americani sono tardi!

Abbiamo comprato i biglietti per la visita guidata dal solito ometto americano con i parenti a Campobasso, che ci racconta con gli occhi luccicanti dei suoi viaggi in Italia. Dopo aver girato un altro po' e visto altre rovine (qualche sasso in mezzo al bosco), salutiamo la Mesa Verde e inizia la disperata ricerca di un "appiglio" a internet. Dopo non poca fatica (alla faccia della connettività globale!) ci accoglie un simpatico negozio di elettrodomestici a Cortez, banale cittadina uguale a mille altre.

Il resto della giornata trascorre on the road (ma va?), ma ci riserva non poche sorprese. Subito incontriamo il Four Corner National Monument: paghiamo il biglietto per entrare in una piazzetta polverosa, circondata da bancherelle di cianfrusaglie indiane (siamo dentro una riserva). Al centro della piazzetta "il monumento": una targa di metallo in terra che segna il confine tra New Mexico, Colorado, Utah e Arizona. Ci consoliamo con due fry bread (l'unica cosa per cui abbiamo deciso valga la pena entrare nelle riserve indiane).

Il resto della strada fino al Canyon de Chelly è stupendo, in stile Monument Valley, con tanto di terra rossa e butte qua e la. Proprio bello. Adesso siamo nel campeggio gratuito del parco e c'è qualcuno che ha un mulo che raglia e non ci fa dormire.

 
8° giorno - Domenica
Canyon de Chelly -> Winslow [364 miglia, 586 km]

Il Canyon de Chelly è stato una scoperta stupenda. Avevamo deciso di vederlo in fretta, ma alla fine vi abbiamo trascorso l'intera mattinata. Paesaggio da film di indiani, con pellerossa a cavallo in cima allo strapiombo e vallata rossa ai suoi piedi. Abbiamo però messo a dura prova le sospensioni della macchina, viste le condizioni pessime della strada panoramica: più che una strada sembrava una trincea, in cui siamo avanzati a zig-zag. Del resto non c'è da stupirsi perché il canyon è in una riserva indiana. Ne abbiamo ormai attraversate diverse e sono inconfondibili: venendo da una strada americana il fondo stradale peggiora, ai lati si ammucchiano bottiglie rotte e mondezza e il paesaggio diventa brullo e incolto.

 

 

La seconda tappa della giornata è la Petrified Forest: come al solito siamo molto fortunati e un bel nuvolone nero ci accompagna per tutta la visita. Decide di scaricare il suo umido fardello tutto in una volta proprio quando usciamo dalla macchina per fare cento metri di stradina panoramica a piedi. Un diluvio del genere deve essere successo tanto tempo fa quando una bella foresta di alberoni è stata sommersa dal fango. Li sotto sono rimasti per così tanto tempo che il legno si è trasformato in roccia, rimanendo della stessa forma ma riempiendosi di gemme e quarzo. Bello eh? Nonostante i divieti non abbiamo resistito e ci siamo portati via un pezzettino di corteccia pietrificata.

Rientriamo in macchina bagnati come dei pulcini, ci togliamo tutti i vestiti e ripartiamo in mutande. Facciamo pochi chilometri e una sirena lampeggia dietro di noi. Nascondiamo istericamente l'infimo sassolino e prepariamo una languida scusa per la nostra impudicità. Io apro bene la cartina stradale sulle gambe e Stefano si spalma lo straccio per il motore sulle mutande. Il poliziotto si avvicina col solito fare minaccioso, tiriamo giù il finestrino e subito lo vediamo trattenere una risata. Evidentemente ha avuto pietà di noi e non ci ha fatto la multa (in realtà si trattava di un banale eccesso di velocità).

Tiriamo un sospiro di sollievo e ripartiamo. Vorremmo visitare il Meteor Crater, anche se è già tardi. Arriviamo con un bellissimo tramonto ma scopriamo che qualcuno ha RECINTATO l'intera collina e i cancelli chiudevano alle 5. Ci ritiriamo sconfitti a riposare a Winslow.

 
9° giorno - Lunedì
Winslow -> Yuma [476 miglia, 766 km]

Stiamo arrivando verso Yuma, dove passeremo la notte. La Chiara sta guidando incavolata perché la strada procede dritta senza nemmeno una curva e tutt'intorno i cactus sembrano salutarci in una posa decisamente beffarda.

La giornata è cominciata col Meteor Crater: un bucone in mezzo al deserto dell'Arizona, causato da una meteorite schiantatasi 50mila anni fa. Almeno così ci hanno detto... ma dato il prezzo del biglietto (è proprietà privata!!!) abbiamo deciso di crederci. Abbiamo fatto due foto, giocherellato un po' col simulatore di meteoriti dentro al museo e siamo tornati in strada.

La seconda tappa è Sedona, città molto carina e curata, incastonata in un paesaggio mozzafiato di rocce rossissime. Ci si arriva tramite una stradina stupenda, tutta in mezzo ad un fittissimo bosco d'alta montagna. Sedona è una piccola patria della New Age del West America, dove vengono i ricchi a rilassarsi e a meditare nei centri di benessere.

Questa è stata la nostra ultima tappa. Ora non ci resta che farci i culoni quadrati e tirare ad arrivare a San Diego.

 
10° giorno - Martedì
Yuma -> San Diego [215 miglia, 346 km]
La vacanza è finita: ci facciamo gli ultimi chilometri di deserto, qualche duna di sabbia subito dopo Yuma, sole, caldo e cielo blu. Dopo tre orette siamo a San Diego. Di nuovo nella città che ci ha ospitato quasi tre anni fa! Nulla è cambiato... a parte il clima! Ovviamente che tempo possono trovare due poveretti che traslocano in CALIFORNIA facendo 3423 miglia (5509 km)? Che domande... cielo grigio, freddo e umidità! Ora non ci resta che aspettare il tempo bello e cercare casa. Nel frattempo viviamo nella nostra fida tendina in un campeggio a Pacific Beach!
 
Stefano e Chiara